Il tumore mammario

  • l tumore al seno è il tumore più diffuso nella popolazione femminile, nei paesi industrializzati.

    Si stima che nel 2020 siano stati diagnosticati circa 55.000 nuovi casi di tumore alla mammella

    I tumori della memmella rappresentano il tumore più diagnosticato tra le donne , sia nella fascia con meno di 49 anni (41%), sia nella fascia 50-69 anni (31%), sia in quelle più anziane (22%).

    Il tumore della mammella è la moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della mammella, con struttura alterata che insieme formano la massa tumorale, che abitualmente, ma non sempre, si presenta sotto forma di un nodulo.

    La natura del tumore, ossia se è maligno o benigno, si stabilisce con la visita, clinica gli esami strumentali (mammografia + ECO mammaria) e l’eventuale biopsia se necessaria. (vedi la sezione Diagnosi).

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    Il segno più di frequente è la presenza di un nodulo, di solito non dolente, duro, poco mobile.

    Per quanto riguarda l’aspetto generale del seno, bisogna prestare attenzione anche alle alterazioni del capezzolo (che può ritrarsi o farsi più sporgente, o perdere liquido) e della pelle, in particolare quando riguardano un solo seno .

    Non è detto però che la malattia si accompagni a segni evidenti, a cambiamenti riconoscibili: per questo, superati i 40 anni di età, è necessario sottoporsi, oltre alla visita senologica annuale, unita alla ecografia mammaria e alla mammografia.

    Oggi, grazie soprattutto ai programmi di screening, alla maggiore consapevolezza delle donne che si sottopongono a programmi di controllo, la sopravvivenza media a 5 anni dalla diagnosi, può raggiungere e superare l’87%, con percentuali vicine al 95% nei casi con buona prognosi, tipicamente quei tumori che esprimono i recettori degli ormoni.

  • Dalla prevenzione alla cura. In un dossier tutto quello che c'è da sapere sulla malattia che più di tutte fa paura alle donne.

    Sebbene alcuni recenti studi abbiano messo in discussione l’efficacia dell’auto-palpazione, sostenendo che non influenzi il tasso di mortalità, prestare attenzione ad eventuali, insoliti cambiamenti del proprio seno può essere importante. Solo tu, infatti, conosci quali cambiamenti del tuo corpo sono “normali”, legati alle variazioni dei livelli ormonali durante il mese. In molti casi, le prime ad accorgersi del tumore al seno sono proprio le donne.

    Dopo i 20 anni, l’auto-palpazione andrebbe effettuata una volta al mese (tra il 7° e il 14° giorno del ciclo mestruale, è consigliabile fissare un giorno stabile, se il ciclo è regolare). Consiste in due fasi: l’osservazione e la palpazione vera e propria.

    L’Osservazione.Si comincia mettendosi davanti a uno specchio, con il busto eretto, le spalle rilassate e le braccia lungo i fianchi, per osservare la forma del seno e del capezzolo, sia da davanti sia dai due lati. L’osservazione va ripetuta con le braccia alzate stese e poi piegate (unendo le mani davanti alla fronte, contraendo i muscoli pettorali). Bisogna prestare attenzione a:

    Cambiamenti nelle dimensioni, nei contorni o nella posizione del capezzolo;

    Noduli nuovi ed evidenti (tenendo presente che il seno è per sua natura nodulare e che, nove volte su dieci, i noduli non sono preoccupanti);

    Ispessimenti, raggrinzamenti o avvallamenti della cute;

    Vene in rilievo;

    Infiammazioni o eruzioni cutanee;

    Perdita di sangue o di liquido dal capezzolo (in particolare se da uno solo dei due);

    Strane sensazioni (specialmente se riguardano un solo seno).

    L’auto-palpazione. Bisogna alzare il braccio corrispondente al seno da esaminare. Il seno va palpato con la parte interna dei polpastrelli, partendo dal cavo ascellare e facendo piccoli movimenti circolari, disegnando una spirale (dall’esterno verso il  capezzolo), poi muovendo la mano dall’alto verso il basso (come seguendo una serpentina) e, ancora, in senso radiale (dall’esterno verso il capezzolo, disegnando una sorta di stella). In ultimo, è necessario fare una leggera pressione intorno all’areola e sul capezzolo per evidenziare eventuali secrezioni. Il controllo va ripetuto in posizione supina, con il braccio corrispondente al seno da esaminare in alto, piegato dietro la testa. Chiedi al ginecologo o al senologo di insegnarti a eseguire in modo corretto tutti i movimenti. 

  • Capire la natura del nodulo sospetto il prima possibile è fondamentale per il buon esito delle cure.

    Per comprendere la natura del nodulo, il medico chirurgo o l’oncologo potrà chiederti di sottoporti a uno o più esami, spiegati in questa sezione. Questi esami sono essenziali: per fare una corretta diagnosi in ogni caso, intraprendere il percorso che porta alla diagnosi di un tumore è sempre traumatico sia dal punto di vista emotivo sia da quello psicologico. È importante non rimanere sola, parlare delle proprie paure e di tutti i dubbi con le persone più vicine e con il proprio medico. Informarti sui test, sul significato della diagnosi e conoscere le possibili implicazioni ti aiuterà ad affrontare questo momento.

    Mammografia. È la radiografia delle mammelle; consente di individuare le lesioni anche in una fase precoce; nelle donne giovani, in cui il tessuto ghiandolare è ancora molto denso, può risultare meno affidabile e trova impiego l’ecografia. Oggi ci sono anche nuove tecniche di mammografia (tomosintesi) che permettono di studiare in maniera approfondita anche le ghiandole più difficili, soprattutto nelle donne più giovani.

    Ago biopsia. E’ il prelievo del tessuto del nodulo sospetto attraverso un ago, e sottoposte a un esame istologico che permette di individuare eventuali cellule maligne. La procedura richiede poco tempo, ma deve essere fatta in anestesia locale, anche perché possono essere necessari più prelievi; può risultare fastidiosa e lasciare a volte qualche piccolo ematoma, che poi con il tempo si riassorbe, ma non ha controindicazioni, non comporta rischi e non richiede una particolare preparazione. Si esegue  con guida ecografica, mammografica o semplicemente clinica.

    Risonanza magnetica (o risonanza magnetica nucleare): non tutte le donne con un sospetto di nodulo mammario devono eseguire la RMN: essa è riservata alle donne giovani, con struttura della ghiandola mammaria molto densa o nei casi di mammografia dubbia, o ancora in alcune forme di tumore (carcinoma lobulare).

  • I meccanismi che trasformano una cellula della ghiandola mammaria in una cellula cancerosa non sono ancora stati chiariti: nella maggior parte dei casi, infatti, l’insorgenza della malattia è imprevedibile e non se ne conoscono le cause. Sono però ben noti i fattori di rischio: quelle condizioni, cioè, che aumentano le probabilità di ammalarsi. Il primo è l’età, come dimostra il fatto che il circa 75% delle donne sviluppa il tumore dopo i 50 anni. Il secondo fattore di rischio è la familiarità: circa il 10% delle donne colpite ha precedenti in famiglia. Segue la predisposizione genetica:  sostenuta dalle mutazioni in alcuni geni – in particolare BRCA1,  BRCA2 e p53 – sono alla base di oltre la metà delle forme ereditarie di tumore al seno (e anche delle ovaie) 

     Anche l’uso della pillola anticoncezionale può rappresentare un fattore di rischio: i dati mostrano un lieve aumento delle probabilità di sviluppare il tumore al seno, valutato nel 15-25% da uno studio condotto per l’Organizzazione mondiale della sanità nel 2008. Il rischio, comunque, si azzera dopo 10 anni di interruzione della pillola. L’uso dell’anticoncezionale orale, inoltre, sembra abbassare le probabilità di sviluppare il tumore alle ovaie.

    Un importante fattore è poi l’obesità: essere obese o molto in sovrappeso e presentare del grasso addominale aumenta le probabilità di sviluppare il cancro al seno durante la menopausa e rende più difficile interpretare le mammografie.

  • Una volta ottenuta una diagnosi approfondita, il tuo medico specialista valuterà la terapia più adeguata al tuo caso. È una fase importante del tuo percorso e della tua lotta contro il cancro, in cui puoi avere un ruolo attivo e consapevole.

    L’intervento chirurgico. Rimuovere il carcinoma il prima possibile è importante, per questo quasi tutte le donne cui è stato diagnosticato un tumore al seno vengono sottoposte a un intervento chirurgico. Se il tumore è localizzato, si cerca di intervenire in modo conservativo, cioè di asportare la parte malata e salvare il più possibile il seno. Nel caso di un tumore esteso (nelle forme più avanzate), invece, è necessario ricorrere alla mastectomia, cioè all’asportazione della mammella. Esistono diverse tecniche chirurgiche che dovrai attentamente valutare insieme al medico specialista. 

    Quadrantectomia. Questa tecnica comporta l’asportazione di un quadrante del seno e di un linfonodo ascellare (il più vicino al tumore, chiamato linfonodo sentinella), che viene analizzato. Nel caso il linfonodo presentasse cellule neoplastiche, il chirurgo procederà allo svuotamento del cavo ascellare. Questa procedura può dare luogo a un linfedema, un ristagno dei liquidi linfatici nel braccio, che di conseguenza si gonfia. Chiedi al tuo oncologo le precauzioni che puoi seguire per evitare questo effetto collaterale.

    Mastectomia semplice. Consiste nell’asportazione della ghiandola mammaria.

    Mastectomia radicale modificata. prevede l’asportazione della ghiandola mammaria, dei linfonodi ascellari . Ad oggi, gli studi hanno dimostrato che, nei tumori allo stadio iniziale (1 e 2), la quadrantectomia seguite dalla radioterapia danno gli stessi risultati , in termini di guarigione, della mastectomia.

    Qualunque sia l’intervento da affrontare, è quasi sempre possibile ricostruire  o rimodellare il seno. 

  • Nella radioterapia si utilizzano radiazioni ad alta energia – raggi X, alfa, beta e gamma – per eliminare le eventuali cellule tumorali ancora presenti dopo l’intervento, cercando di preservare quelle sane. Queste radiazioni sono infatti in grado di danneggiare il Dna delle cellule durante la fase di divisione cellulare e le cellule tumorali sono degli ottimi bersagli, visto che si moltiplicano ad elevata velocità. La cellula colpita non è più in grado di duplicarsi e muore. Normalmente, in seguito a una chirurgia di tipo conservativo (quadrantectomia) , si irradia il solo tessuto mammario non asportato.

    Alla luce dei nuovi dati oggi disponibili, è possibile “concentrare” la radioterapia, pu erogando la stessa quantità di dose: si chiama ipofrazionamento, e consiste nel ridurre a 15 giorni il trattamento radiante sulla mammella operata.

    Può essere eseguito in totale sicurezza anche dalle pazienti più anziane.

    Inoltre, esistono anche schemi ancora più “concentrati”, con la radioterapia somministrata in una sola settimana: è più impegnativo per la paziente, perché si eroga una dose per giorno superiore al frazionamento classico, ma molto vantaggiosa per le nostre giovani amiche, che possono conciliare la cura con la propria vita familiare e lavorativa.

  • Superato l’intervento chirurgico e i cicli della terapia, si entra in una nuova fase, quella dei controlli o, meglio, del follow-up. Poiché il rischio di recidiva è maggiore nei cinque anni che seguono la comparsa del tumore, in questo intervallo di tempo dovrai sottoporti regolarmente alle visite e agli esami con maggiore frequenza. Queste comprendono le visite ambulatoriali per un controllo completo della tua salute fisica e una visita senologica ogni 4-6 mesi; una mammografia l’anno (di entrambi i seni ) .

    È normale, in questa fase essere assalite dai dubbi e sentirsi più vulnerabili: “Questi controlli sono sufficienti nel mio caso?”, “E se ho una recidiva, me ne accorgerò in tempo?”, “Non dovrei fare esami specifici per il fegato o il cuore visti gli effetti collaterali dei farmaci che ho assunto?”. Tutte queste domande sono più che legittime: parlane con il tuo medico e con l’oncologo per stabilire il follow up più adatto alla tua situazione, e rivolgiti alle associazioni di pazienti per confrontarti con altre donne che stanno vivendo la tua esperienza. Senza però dimenticare che hai vinto la tua battaglia contro il cancro e che è il momento di ricominciare a vivere nel modo più sereno possibile.

    Passati i cinque anni, tutti i controlli potranno essere più distanziati. È importante, però, che ogni nuovo sintomo o segno sospetto sia comunicato immediatamente al medico oncologo.

    Oggi, presso la ASST di Monza, oncologi e chirurghi hanno messo a punto un piano di collaborazione con i medici di famiglia: per le pazienti in menopausa, con tumori piccoli e quindi un basso rischio di ripresa di malattia, il follow up può essere eseguito dal proprio medico di famiglia, che riceve dall’oncologo tutte le indicazioni necessarie in termini di esami e scadenze e che può riaffidare, nel sospetto di una ripresa di malattia, la paziente all’oncologo curante in modo semplice e veloce.

  • Sono molte le variabili che determinano le probabilità di sviluppare un nuovo tumore dopo la terapia: il tipo di neoplasia, il suo stadio al momento della diagnosi, le dimensioni, il fatto che siano stati coinvolti o meno i linfonodi. In ogni caso, con il passare del tempo, questo rischio diminuisce e, dopo cinque anni dalla terapia, la malattia viene considerata in buona parte sconfitta. Nel caso in cui i sintomi del tumore si dovessero ripresentare, il trattamento potrà variare e verrà stabilito dal medico specialista anche in base alla valutazione del rischio.